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Come stai simpatico lettore? Spero bene! Inizio subito a deliziarti (ho la presunzione di utilizzare tale terminologia) con questo mio articolo legato al mondo di Assassin's Creed. Si tratta di un'analisi non certo datata ma siccome di nuovi titoli del brand ne esce uno all'anno, mancano riferimenti ai giochi più recenti. Spero tu possa apprezzare.
Come stai simpatico lettore? Spero bene! Inizio subito a deliziarti (ho la presunzione di utilizzare tale terminologia) con questo mio articolo legato al mondo di Assassin's Creed. Si tratta di un'analisi non certo datata ma siccome di nuovi titoli del brand ne esce uno all'anno, mancano riferimenti ai giochi più recenti. Spero tu possa apprezzare.
Sviluppata da Ubisoft Montreal, quella di Assassin's Creed è divenuta nel giro di pochi anni una delle saghe più premiate delle ultime generazioni di console, raccontando le vicende di diversi personaggi che presentano un denominatore comune: sono tutti assassini. La storia principale, come molti di voi sicuramente sapranno, ruota attorno alle vicende di Desmond Miles, un giovane barista che un giorno si ritrova in una struttura della corporazione denominata Abstergo, la quale ha come scopo quello di scovare a tutti i costi il Frutto dell'Eden per prendere il controllo di tutte le persone presenti sulla Terra. Desmond è l'attuale portatore di sequenze di DNA dei suoi antenati, famosi assassini che nel corso della storia sono venuti in contatto proprio con quell'artefatto misterioso; consapevole di ciò, l'Abstergo sfrutterà il giovane per scoprire l'attuale ubicazione dell'oggetto.
Questo post cercherà di operare un’analisi degli aspetti positivi e negativi del brand ormai entrato nella storia della nuova generazione di videogiochi, data la sua mole di fan davvero enorme. Altrettanti sono anche coloro che non lo reputano per nulla un titolo valido mentre altri ancora hanno un rapporto di amore/odio con esso.
Analizzando principalmente i titoli su console fissa, iniziamo con il primo capitolo della saga, ambientato a Gerusalemme attorno ai primi anni del 1100 d.C. e vede come protagonista il giovane assassino Altaïr che rivive grazie ai ricordi racchiusi nel DNA di Desmond, risvegliati a loro volta dall’Animus, macchina progettata dall’Abstergo proprio per il fine di sollecitare il soggetto a rivivere frammenti di vita dei propri antenati. Nonostante il titolo non brilli per quanto riguarda diversi aspetti tecnici, esso colpisce principalmente per la trama ben articolata che presenta diversi arcani da svelare, personaggi da conoscere a fondo e una duplicità nella personalità del protagonista non indifferente, da una parte troviamo infatti Altaïr mentre dall’altra abbiamo il giovane Desmond. Ciò che affascina principalmente della trama è il fatto che proponga una visione completamente differente, seppur fantastica, della storia del nostro mondo, dove come principali avversari troviamo l’ordine dei Templari che non si è in realtà mai sciolto e che ritroviamo impegnato nella costante ricerca del leggendario Frutto dell’Eden per imporre il proprio dominio sull’umanità. Essi sono ovviamente presenti anche nella linea temporale di Desmond e il parallelismo con la perenne esistenza di un nemico millenario si completa con la presenza di un individuo che racchiude in sé tutti i principali antenati assassini.
Nonostante si venga travolti da tutto ciò, innegabile è la ripetitività con cui ci viene proposto l’insieme. Il primo titolo di Assassin’s Creed si svolge principalmente in tre differenti località completamente identiche tra loro e caratterizzate da missioni altrettanto uguali, nelle quali cambia soltanto il nome degli obbiettivi da far fuori e a volte le dinamiche con cui si può giungere da essi. La struttura generale regge a malapena il peso delle critiche, senza contare poi l’IA nemica, fulcro principale su cui si concentrano gli haters.
Ubisoft non demorde, soprattutto perché il titolo ebbe un successo non indifferente. Arriva così Assassin’s Creed II che incontrerà i gusti di molti più giocatori grazie al suo gameplay più articolato, a un nuovo assassino meglio caratterizzato e a una longevità del titolo nettamente superiore rispetto al precedente. Una boccata d’aria fresca che decreta ufficialmente il successo della serie portando Ezio Auditore, il protagonista, a essere una delle nuove icone video ludiche attuali. La trama è ancora una volta ciò che lega il tutto e tiene salda la struttura del titolo, solo che questa volta non è più sola e il titolo risulta, sotto molti aspetti, pienamente riuscito. C’è chi fin da subito gli ha dato fiducia, mentre altri hanno preferito allontanarsi dalla saga avvertendo ancora l’amaro in bocca rimasto loro dopo aver giocato al primo capitolo. Insomma, con Assassin’s Creed II, Ubisoft riuscì a sfornare uno dei migliori titoli della gen incontrando il consenso della maggioranza dei videogiocatori.
Con Brotherhood però si avverte un ritorno alla monotonia dato principalmente da due fattori: voler sfruttare il successo ottenuto col precedente titolo e concentrarsi su l’aspetto multiplayer che verrà introdotto proprio con questo nuovo gioco. Stavolta ci si trova di fronte a un qualcosa che si può apprezzare perché praticamente identico al precedente, seppur con qualche innovazione che ha la pretesa di essere una novità assoluta, oppure che si può odiare per lo stesso motivo appena citato. L’unica cosa che prosegue all’interno di questo nuovo capitolo è ovviamente la trama che riesce a tenere attaccati al pad quei grandi appassionati della saga i quali però, a loro volta, iniziano ad essere scettici con l’arrivo di Assassin’s Creed Revelations.
Anch’esso completamente identico ai precedenti, location esclusa, con ancora una volta protagonista Ezio Auditore. I fan chiesero a suo tempo di poter impersonare anche più a lungo Desmond, dato che esso era “giocabile” soltanto negli intermezzi tra i vari capitoli, però non ci si può dire soddisfatti del lavoro di Ubisoft sotto questo aspetto. La monotonia del titolo è esageratamente elevata, campagna multiplayer piatta e superflua, storyline di Ezio che ha un serio bisogno di concludersi e per finire si sente la necessità di novità che riescano nuovamente a rivoluzionare la saga, nonostante si concluda con questo capitolo anche la vita di Altaïr stesso, in modo da dare continuità al tutto.
L’opera di Ubisoft Montreal risulta compiuta a metà proprio per le varie mancanze evidenziate qui sopra; c’è chi riesce ad apprezzare comunque il tutto, mentre altri non tollerano questi alti e bassi anche se da una parte non si può pretendere più di tanto da una saga che ha preso un’incredibile piega commerciale, tanto da arrivare a sfornare un titolo nuovo l’anno. Assassin’s Creed sarebbe potuto essere un titolo di spessore e non l’ennesima trovata per fare soldi come invece è diventato. Delusione è forse la parola che i più utilizzerebbero per sintetizzare il tutto; anche per gli amanti del titolo le mancanze che esso presenta sono innegabili. È davvero questa la piega che sta prendendo l’attuale mercato dei videogiochi? La saga dell’amato assassino ne è forse uno degli esempi più lampanti a testimonianza del fatto che il mondo dei videogiochi sta inevitabilmente cambiando.

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